Bilancio in rosso
Oggi per fare un commento ad un post del blog http://sventurata.blogspot.com/ sono andata a riprendere una vecchia agenda dove segnavo delle frasi che mi avevano impresionato particolarmente. Tra le altre, questa che posto descrive benissimo la mia ansia di dare un senso alla mia vita.
Io sono viva mentre persone anche più giovani di me sono morte. Io posso usufruire di un’istruzione mentre persone anche più intelligenti di me non ne hanno i mezzi. Non voglio dilungarmi su tutte le cose su cui, senza aver fatto nulla per meritarle posso contare, mi gira la testa solo a pensare a quante sono. Perché io le abbia e un altro no è la domanda più retorica del mondo, lo ammetto. Eppure mi sconquassa l’anima. Non c’è risposta se non Dio o il caso, ma non mi soddisfano. In un certo senso su ogni gesto che compio nella mia vita, sento mille occhi puntati: sono quelli di coloro che non hanno avuto il tempo o le opportunità che ho io e che vogliono vedere come li sfrutto. Forse loro al posto mio avrebbero saputo fare di meglio, forse vogliono solo capire se ho qualcosa più di loro, qualche merito o capacità speciale che giustifichi la disparità di trattamento, così da potersene fare una ragione. E io, in ogni momento, sento di deluderli.
"Ognuno deve lasciarsi qualcosa dietro quando muore: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualcosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo cha la nostra anima abbia dove andare quando muoriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamopiantato noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa purchè si cambi qualcosa da ciò che era prima in qualcos'altro che porti la nostra impronta. La vera differenza tra l'uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato su quel prato ma il vero giardiniere vi resterà per tutta la vita"
Tratto da "Fahrenheit 451",
Ray Bradbury
Io sono viva mentre persone anche più giovani di me sono morte. Io posso usufruire di un’istruzione mentre persone anche più intelligenti di me non ne hanno i mezzi. Non voglio dilungarmi su tutte le cose su cui, senza aver fatto nulla per meritarle posso contare, mi gira la testa solo a pensare a quante sono. Perché io le abbia e un altro no è la domanda più retorica del mondo, lo ammetto. Eppure mi sconquassa l’anima. Non c’è risposta se non Dio o il caso, ma non mi soddisfano. In un certo senso su ogni gesto che compio nella mia vita, sento mille occhi puntati: sono quelli di coloro che non hanno avuto il tempo o le opportunità che ho io e che vogliono vedere come li sfrutto. Forse loro al posto mio avrebbero saputo fare di meglio, forse vogliono solo capire se ho qualcosa più di loro, qualche merito o capacità speciale che giustifichi la disparità di trattamento, così da potersene fare una ragione. E io, in ogni momento, sento di deluderli.
"Ognuno deve lasciarsi qualcosa dietro quando muore: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualcosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo cha la nostra anima abbia dove andare quando muoriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamopiantato noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa purchè si cambi qualcosa da ciò che era prima in qualcos'altro che porti la nostra impronta. La vera differenza tra l'uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato su quel prato ma il vero giardiniere vi resterà per tutta la vita"
Tratto da "Fahrenheit 451",
Ray Bradbury
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